La serie tedesca è finalmente conclusa, ecco una recensione senza spoiler per capire di cosa parla Dark.
“Chi siamo” e “Dove siamo” non è più importante. La cosa importante è “Quando siamo?”
Creatori: Baran bo Odar, Jantje Friese;
Anno: 2017 – 2020
Genere: Thriller, Sci-Fi, Drama
Durata: 3 stagioni; 8-10 puntate; 55-70 minuti.

Tic Tac.
Tic. Tac.
Il tempo scorre, tutto è già segnato. Il destino è scritto e noi umani per quanto possiamo sforzarci a cambiare le cose, non possiamo nulla contro il tempo.
Questo è quello che sembra voglia insegnarci Dark, la serie tv più vista del momento. Ideata da Baran bo Odar e Jantje Friese, Dark è la serie che con ogni probabilità continuerà a far parlare di sé nel corso degli anni a venire; perché in Dark nulla è come sembra.
Tutto inizia con un suicidio e una lettera da aprire non prima delle 22.13 del 4 Novembre. Ma cosa succederà dopo le 22.13 del 4 Novembre?
Questo prodotto – prima serie tedesca prodotta da Netflix – nata in sordina prima, per poi venire letteralmente divorata da spettatori di tutto il mondo, è stata più e più volte accostata a Stranger Things (io in primis, guardando il trailer e vedendo l’età dei ragazzi e i vari rimandi agli anni ’80 le avevo accostate) ma non v’è nulla di più sbagliato.

Dark non ha l’ironia e le “gag” di Stranger Things; Dark fa riflettere, è una serie adulta per adulti, è cinica, è filosofica e specialmente elude due tra le domande che l’uomo si fa dalla nascita dei tempi; “Chi siamo” e “Dove siamo” non è più importante. La cosa importante è “Quando siamo?”
Perché Dark è, come già detto, la storia che si ripete. L’uroboro – banalmente, il serpente che si morde la coda – è una delle raffigurazioni più presenti durante le 3 stagioni; perché, come dice Helge prima, ma poi lo sentiremo dire da quasi tutti, “il principio è la fine e la fine è il principio”.

Quindi ecco rimandi alla Bibbia, basti pensare al monito ripetuto più e più volte “Sic Mundus Creatus Est”; poi la particella di Dio, la meccanica quantistica, la dicotomia scienza-religione; Dark mette il naso un po’ ovunque senza mai perdere di qualità.
La scomparsa di due ragazzini nel 2019 mette in subbuglio una tranquilla cittadina tedesca, Winden, immersa nella foresta. La polizia si mette subito alla ricerca di questi due ragazzini, scomparsi a distanza di qualche settimana. Le ricerche non porteranno a nulla, ma questo è il punto di partenza di un puzzle ben più grande dei singoli individui, che si ripete ogni 33 anni. Ecco perché la narrazione di Dark si distribuisce essenzialmente su 3 tempi diversi: 1953, 1986, 2019.

Ma le epoche diverse non saranno l’unico espediente utilizzato dagli sceneggiatori di Dark per aiutarci a non farci capire nulla…
Ecco quindi persone che cercano persone nel tempo, senza domandarsi dove cercarsi, ma quando cercarsi. Qui forse entra in scena uno degli elementi che più mi ha rapito della serie tv: la scelta del cast.
È emozionante vedere un personaggio che incontra se stesso in epoche totalmente differenti; bambini, adolescenti, adulti, anziani; per la maggior parte dei personaggi, vi è una versione di sé in tutti gli archi temporali e, senza contare la bravura dei singoli attori, la cosa che “spaventa” positivamente è la somiglianza che vi è tra i personaggi che vivono in epoche diverse. Non ci si può confondere, ogni dettaglio è curato perfettamente. Le espressioni facciali, il neo, le cicatrici, i capelli, lo sguardo. Tutto combacia alla perfezione.
Altro punto focale della diegesi, è la quantità dei personaggi che vanno ricordati: sono tantissimi e non smettono di aumentare nemmeno nelle ultime puntate dell’ultima stagione. La cosa importantissima è che non c’è il male, in Dark. I personaggi non sono buoni, non sono cattivi. Non c’è un nero o un bianco, ci sono solamente tantissime sfumature di grigio. Vi ritroverete ad affezionarvi a personaggi e ad odiarne altri, ad empatizzare con tutti senza che loro però ricoprano il ruolo di antagonista o aiutante. Sono tutti protagonisti; il vero villain della serie tv è il tempo.
Tutto il comparto tecnico comunque è curato alla perfezione. Dalle scenografie, che dettagliatamente inscenano prima un futuro post apocalittico, poi una Germania post Prima Guerra Mondiale, alla fotografia che a modo suo ci aiuta ad orientarci meglio tra i salti temporali. Una scena dominata dalla luce solare è spesso utilizzata nel passato, invece nebbia e cielo grigio è sinonimo di presente. Un leggero nevischio è invece parte del mondo post apocalittico.
Altro cavallo di battaglia di Dark è indubbiamente la scelta delle musiche utilizzate; dall’eccezionale “Goodbye – Apparat” che domina la sigla di tutte e 3 le stagioni, (tra l’altro una delle sigle d’apertura più belle del panorama seriale attuale), a tantissime altre canzoni bellissime come “The Labyrinth Song” di Asaf Avidan o “Melody X” di Bonaparte. Tutte canzoni che dopo un primo ascolto correrete a salvare nella libreria di Spotify.
La sceneggiatura resta comunque il punto di forza; l’idea di rendere la confusione narrativa un punto di forza, del futuro che influenza il passato e del passato che non può più influenzare un futuro già scritto sono state tutte scelte perfettamente azzeccate.
Ci sono serie che ci hanno deluso dopo prime stagioni sorprendenti come The Walking Dead, serie che hanno diviso la critica con l’ultima stagione, vedi Game Of Thrones, e serie come Breaking Bad o Sons of Anarchy che sono un crescendo continuo. Dark non è nulla di questo, Dark non ha oscillazioni, è una serie compatta. Anche grazie a questo su TvTime salta all’occhio come Dark sia una delle serie più viste, mentre su Rotten Tomatoes ha una percentuale di apprezzamento del 95% da parte del pubblico.
Uno dei segreti del successo di Dark è probabilmente la coerenza narrativa che, seppur spesso e volentieri pare possa disorientare lo spettatore, alla fine chiude il cerchio in maniera eccellente, lasciando non pochi insegnamenti. Uno su tutti, probabilmente il più importante pare possa essere più o meno questo: quando vogliamo qualcosa intensamente, quando non possiamo far a meno di ottenerla, commettiamo degli errori. La nostra capacità deve risiedere nell’accettazione degli errori e, con qualche sacrificio, superarli. Perché se nell’arco della vita abbiamo bisogno di sciogliere dei nodi, dobbiamo comprendere che l’imperfezione siamo noi.
Non resta altro che consigliarvi di lasciarvi trasportare in un binge watching (perché è l’unico modo con cui si possa guardare questa serie tv), senza staccare mai gli occhi dallo schermo per non perdervi nemmeno una virgola.
“Le nostre vite sono collegate in modo indissolubile. Ogni destino è connesso a quello del prossimo, ogni nostra azione è una risposta a un fatto precedente già accaduto. Causa-effetto, in un’eterna danza che non avrà mai fine”.
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